La Cattedrale nel Deserto

è qui che si difende Il Minitopo

7.2.10

la festa collettiva è come l'ingrasso
tutto è eccessivamente denso per essere deglutito
vedo poca sincerità nei giovani ribelli
molto prurito a starci vicino.
non c'è sopresa, non c'è movimento,
non ci sono abbracci veri. sebbene sbandierati.
sembra il grande salotto dell'indie questo Miami Ancora.
pare una scena de L'uomo Senza Qualità, una riunione a corte
le piccole indie-celebs parlottano tra di loro
fumano -maleducatamente-tutti dentro
si decidono le sorti dell'estate.
sempre i soliti cinque gatti a bivaccare
si tira un fischio a una figa
si fa un tiro
si guarda un culo
e si va a casa.

la musica è lo sfondo opaco di un vecchio locale
ormai fuori contesto
non ci vedo un'idea dico una

torniamo sulla 91 non so a che ora, tra relitti umani, vendi-rose fuori turno, puzza di aglio e violenza alle fermate. fa un freddo boia. sembra di essere stati alla festa del liceo

4 commenti:

Clodia ha detto...

Cavoli.
Forse io la vedo da un'altra prospettiva. Quella di ragazzi semplici ed entusiasti che voglio crare qualcosa di nuovo, perchè manca, perchè ci vuole. Poi si sa, il mondo è uno schifo, l'Italia ancora di più e i gruppi spesso sono sempre quelli, quelli dei giri giusti, come diceva Bugo, quelli che si conoscono.
Il tuo giudizio è intoccabile, ma vorrei darti anche la mia visione: io trovo che sì, gli indie forse sono sempre i più modaioli e riconoscibili, ma trovo che ci fosse di tutto, dagli ubriachi ai sobri, dai rastoni ai fighetti, da quelli che parlavano solo di musica ma non l'ascoltavano, ai più puri e duri che alle 6 erano ancora sotto il palco grande a ballare e agitarsi. Per il mio sguardo è stata una bella serata un pò diversa dalla solita milano, più metropolitana, più europea.
Ma questo è il mio semplice giudizio!

Baci

Ray Banhoff ha detto...

si infatti sarebbe da aprire un dibattito.
non volevo sparare merda gratis sulla serata. ma sul circuito autoreferenziale della musica indie. sempre rinchiusa nei coliti clichè. tolto il fatto che a mio avviso l'innovazione stilistica non c'è, il problema è nel "circuito" indie. dove mi sembra che basti sopravvivere. manca il collettivo. il senso d'unione. non c'è un vero movimento underground ma tante piccole aziende (le etichette) che organizzano convention (concertini) per presentare prodotti (gli artisti)
invece avremmo bisogno di gente che va a suoanre gratis nei parchi a sorpresa, senza tutto quel cerimoniale. un moto spontaneo in cui l'arte faccia da sfondo ad un'affermazione culturale. coem a dire: noi siamo qui. abbiamo già vinto.

;)

Clodia ha detto...

si, il problema è nel circuito, hai ragione. Che dire, il dio denaro domina ogni cosa. Ma per fortuna c'è ancora gente che suona per l'amore di suonare, per dare voce all'arte e per fare cose belle, c'è gente che si presenta su un palco in dodici per due lire, c'è gente che partecipa ai concorsi e li vince perchè è brava.
Ma ci sono gli spazi per loro?
Vediamo fare tour internazionali a ventenni bravi e rampanti (penso agli Artic e ai Vampire Weekend)e i nostri bravi artisti emergenti hanno tra i trenta e i quaranta anni.
E allora mi chiedo, e ti chiedo, dove sta il problema?

Ray Banhoff ha detto...

il problema è che la musica proposta dal Miami non è musica. è roba priva di spessore. piccoli prodotti commerciali creati da rockit e venduti da rockit a quelli del circuito di rockit. all'arte, di sta roba, non gliene può fregare molto. tolti Buzz Aldrin il resto è noia. questa è la realtà secondo me. non il problema dei palchi, che ci sono e sono tanti. il problema sono dei mammuth come rockit che hanno il monopolio e generano prodotti garanzia di guadagno per la loro azienda. il problema anzi non è manco rockit. è che manca l'alternativa che lo contrasti. non c'è offerta a Milano. c'è tanta roba ed è prevalentemente fuffa. i gruppi che spaccano su Pitchoforck, al Primavera, al Coachella a Milano non ci passano.
e questo è grave.

poi
tra vent'anni nessuno si ricoderà degli Hormonauts o di Moltheni o dei nomi che erano in cartellone.
chitarrine plin plin, tutti identici, sempre li a ripetere se stessi.
dieci euro bruciati nel deserto dell'ispirazione.